Mettā
Mettā (in sanscrito è maitrī) è una parola Pali che significa amore-gentilezza non condizionate. Mettā è una delle dieci pāramitā della scuola buddhista Theravada. Il mettā bhāvanā (coltivazione del mettā) è una forma comune di meditazione, praticata con la coscienza del respiro, che dà concentrazione, al fine di prevenire la perdita di compassione.
L'oggetto della meditazione mettā è quello di sviluppare benevolenza e compassione verso tutti gli esseri senzienti. La pratica solitamente inizia con la coltivazione della compassione e dell'amore per se stessi, poi per le persone amate, gli amici, maestri, stranieri ed infine per i nemici. Costituisce un buon metodo per calmare la mente, essendo un "antidoto" all'ira. Chi sviluppa il mettā difficilmente sarà turbabile e potrà sopprimere la rabbia sul nascere. Tali persone saranno più attente verso gli altri, più disposte a voler bene ed amare, e più inclini ad amare incondizionatamente.
I Buddhisti credono che le persone che hanno molto mettā saranno più felici poiché non vedranno motivi per volere il male di qualcuno. I maestri buddhisti possono raccomandare la meditazione sul mettā come antidoto all'insonnia e agli incubi. È comunemente sentito che coloro i quali sono intorno ad una persona che ha sviluppato il mettā si sentono a loro agio e più felici. L'emanazione del mettā contribuisce ad un mondo pacifico, d'amore e felicità.
L'oggetto della meditazione mettā è quello di sviluppare benevolenza e compassione verso tutti gli esseri senzienti. La pratica solitamente inizia con la coltivazione della compassione e dell'amore per se stessi, poi per le persone amate, gli amici, maestri, stranieri ed infine per i nemici. Costituisce un buon metodo per calmare la mente, essendo un "antidoto" all'ira. Chi sviluppa il mettā difficilmente sarà turbabile e potrà sopprimere la rabbia sul nascere. Tali persone saranno più attente verso gli altri, più disposte a voler bene ed amare, e più inclini ad amare incondizionatamente.
I Buddhisti credono che le persone che hanno molto mettā saranno più felici poiché non vedranno motivi per volere il male di qualcuno. I maestri buddhisti possono raccomandare la meditazione sul mettā come antidoto all'insonnia e agli incubi. È comunemente sentito che coloro i quali sono intorno ad una persona che ha sviluppato il mettā si sentono a loro agio e più felici. L'emanazione del mettā contribuisce ad un mondo pacifico, d'amore e felicità.
in parole povere sarebbe la felicità per la felicità degli altri?
RispondiEliminase è cosi allora va a pennello con i "sacchi". che ti importa se uno è più pieno o più vuoto? l'importante è che tu contribuisca a fare in modo che non sia vuoto.
Tamaraaaaaaaaaaaaaaaaaaa aiuto, il caffeèèèèèèèèèèèèè!
Mi sembra di aver capito, ma non so se ce la faccio a spiegartelo, ci provo ma non t'assicuro niente di buono...
RispondiEliminaPartendo dal presupposto che noi esseri umani proviamo tutti un sentimento d'amore, sottolineo tutti anche se ci sembra che qualcuno non ce l'abbia in realtà c'è magari molto nascosto ma c'è, e uno degli aspetti piu' belli dell'umanità dovrebbe essere il semplice saper amare, donare, condividere, essere generosi verso gli altri. Ma la cosa che maggiormente ci provoca gioia stà tutta nella capacità di condividere e donare senza nessuna pretesa, cioè senza secondi fini. La vera gioia sta nel dare senza curarsi se qualcuno te lo riconosce. Ora non mi fraintendere non c'è nulla di male nel fatto che la gente apprezzi la tua bontà e la tua generosità, ma non la devi pretendere, cioè non ti devi aspettare che ti venga riconosciuta, donare è una cosa gratuita che non si aspetta nulla in cambio, è questo che dà la vera gioia, è la gioia di quell'attimo che non ha prezzo perchè quel gesto ti arriva direttamente dal cuore. Ma la cosa piu' importante è che bisogna avere la mente libera da tutti i pensieri e pregiudizi, bisogna ascoltare bene il cuore e agire solo con l'amore. E la cosa più difficile è trovare nel nostro cuore un'apertura verso tutto ciò che è vivo, verso tutti gli altri, bisogna iniziare a trattare il "nostro prossimo" con gentilezza e generosità, bisogna trattarlo come fosse una parte del nostro essere, e bisogna riuscire a trattare tutti in questo modo non solo i nostri famigliari e i nostri amici sarebbe troppo facile così,la vera difficolta stà nel trattare in ugual modo anche il collega più antipatico, il "capo" odioso, l'estraneo. Aiutare qualcuno senza che ce l'abbia chiesto e senza la pretesa di essere ricambiati è la cosa più bella. Per farlo però bisogna mettersi nei panni di chi abbiamo di fronte e capire se veramente ha bisogno di aiuto,altrimenti rischiamo di beccarci anche qualche insulto...bisogna cercare d'entrare in "sintonia" con chi abbiamo vicino ma credimi certe volte basta veramete poco per farlo sembra strano ma è così. Quello che ti voglio dire è che comunque non deve essere una forzatura, deve essere una cosa semplice, naturale. Ci sono delle persone che hanno proprio questo senso di "gentilezza" innato che quando ce l'hai vicino lo senti,lo percepisci dai gesti, dagli sguardi,qualcuna mi è capitata e credimi abituati in questa nostra relatà così piena d'indifferenza ed egoismo sembra venuta da un'altro pianeta, ti trasmette una gradevole sensazione quasi di tenerezza che non so spiegarti. Non so se sono stata chiara, sicuramente non sintetica...
Buonanotte
Tamara:-)
non sintetica, ma chiara anzi chiarissima.mi trovo pienamente in sintonia con quelloche dici, soprattutto nel fatto che vorresti che tutto fosse "normalità" e invece è una cosa eccezionale. è questo che spesso mi fa rabbia.
RispondiEliminaciao
Buonanotte