un silenzio abitato

Un silenzio abitato da Dio

È un fatto da tutti constatabile che il bisogno di silenzio è ormai una esigenza imprescindibile di ogni uomo. Le grandi città raggiungono momenti di parossistica eccitazione e si avverte un crescente bisogno di calma.
D'altra parte uno dei più gravi pericoli che corre il cristiano d'oggi è lo svuotamento e l'inaridimento dello spirito, la perdita della dimensione interiore e personale della fede, della vita cristiana, quindi l'annebbiamento delle realtà spirituali. Dio, la vita interiore, la preghiera, l'unione con Dio, rischiano oggi di perdere consistenza e spessore, di diventare evanescenti e marginali. A ciò contribuisce enormemente il modo di pensare, di sentire e di vivere proprio del nostro tempo.
La civiltà industriale, della tecnica, dell'elettronica è ormai definita come la civiltà del rumore. È difficile ormai fare silenzio, trovare il silenzio, abituarsi alle pause di silenzio quando si riesce a trovarne. I fine settimana diventano momenti di fatica e di rumore invece di salutari pause di riflessione.
Passando per le nostre affollate città si avverte un eccesso di suoni in disarmonia, ripetuti con insistenza e ossessione, che colpiscono l'orecchio e il sistema nervoso e come conseguenza danneggiano lo stesso equilibrio psichico. Non solo, ma questo sistema di esistenza, spesso subìto inconsciamente, è venuto anche a rompere i ritmi biologici umani più profondi. Non fosse altro che per questo, il silenzio oggi, si pone come un bisogno all'interno delle situazioni di crisi che investono il pianeta a tutti i livelli, da quello umano a quello ecologico. Dobbiamo ancora ripetere che questo frenetico sistema di vita non lascia spazio nemmeno a Dio e, come si accennava, alle realtà spirituali. L'uomo ha paura del silenzio perché, inconsciamente o no, ha eliminato la fonte del proprio silenzio, che è Dio.
Se so da dove proviene il silenzio, lo accetto. È possibile accettare il silenzio soltanto se si conosce la fonte da cui proviene. Avendo eliminato Dio, il silenzio è diventato inaccettabile. Se Dio esiste, deve darsi da fare, altrimenti è un falso Dio. Anche noi, oggi, percepiamo il silenzio come un'assenza, come un vuoto. Non riusciamo a concepire un silenzio «abitato» da Qualcuno.
Noi cerchiamo sempre di spiegare, mai di rispondere con il silenzio. Nel silenzio, l'uomo si sente solo. Non accettiamo il silenzio e non riusciamo a fare silenzio perché abbiamo paura della solitudine. Per accettare il silenzio, bisogna essere in compagnia di qualcuno. Per non essere costretto ad affrontare il silenzio, l'uomo cerca di riempire ogni angolo di tempo e di spazio: «Dove mi trovo?... a che punto sono?... che ora è... cosa sto facendo?». È il terrore di non sapere dove si è, quale posto si occupa, quale ruolo si svolge.
L'esperienza contemplativa insegna la disciplina del silenzio come esclusione di ogni essere rumoroso e di ogni chiacchiera inutile che ne violerebbe gli spazi. Il vero saggio si esprime in poche parole, e nello stesso tempo la sua parola è silenzio, ciò che egli dice viene dal cuore e non soltanto dalla punta della lingua. Le sue parole scaturiscono da una profonda meditazione.
Solo chi è sceso in profondità nella propria solitudine e vi ha incontrato Dio è veramente capace di comunione anche con gli uomini, con tutti, senza discriminazioni. È stata l'intuizione anche di Bonhoeffer: solo chi è capace di solitudine è capace di comunione e dunque può contribuire davvero a costruire la comunità, e solo chi è capace di comunione può vivere una solitudine che non uccida. La ricerca della comunità e degli altri, se non si è arrivati a riconoscere e accettare la propria solitudine esistenziale, è fuga da se stessi; e la solitudine, magari per dedicarsi alla preghiera, che rifiuta gli altri e la comunità non porta ad alcun incontro, neanche con Dio: è una solitudine che uccide.
Il vero, profondo e vissuto silenzio rende possibile la presenza e la trasparenza di una persona; silenzio inteso e visto non solo e semplicemente come mezzo, strumento, ma come pienezza di vita. Il silenzio è il dono dell'eternità, è una profonda realtà, è sorgente di vita.
Il silenzio è una eredità che ci viene da Dio stesso. La vita esce da una realtà silenziosa; nel quieto silenzio che avvolgeva ogni cosa... «il tuo Verbo onnipotente, o Signore, è sceso dal cielo, dal trono regale» (Sap 18,14-15).
Un uomo come Lanza del Vasto proponeva questa massima: «Taci molto per avere qualcosa da dire che valga la pena di essere sentita. Ma ancora taci, per ascoltare te stesso».
La bontà di ogni parola detta è proporzionata alla maturazione avvenuta nel silenzio meditativo.

Le «ragioni» del silenzio

L'uomo di natura espansiva, abituato alla più cordiale comunicativa con il mondo esterno, aperto con i propri simili, si chiede: perché tacere? Non si deve essere comunicativi? Come può effettuarsi il contatto con gli altri se non con le parole? Perché essere chiusi? Quando seguendo l'esperienza monastica si consiglia di parlare meno, di parlare poco, o di tacere del tutto, di dominare la lingua, non si vuole affatto consigliare di diventare tipi chiusi, non comunicativi, solitari, o, peggio, complessati, contorti, complicati, pieni di sottintesi; no davvero! I grandi uomini furono e sono tutti silenziosi. Anche quelli di cui si dice che parlarono molto, che furono sommi oratori; tutti maturarono in lunghi silenzi quello che poi dissero agli uomini.
La parola è grande cosa, ma non è ciò che vi è di più grande. «Se essa è argento, il silenzio è oro», afferma un antico proverbio. Quegli stessi che sanno meglio parlare sentono più degli altri che le parole non esprimono mai le reali e speciali relazioni esistenti tra due esseri.
Rimangono sempre delle verità che nessuno crede di poter esprimere con la parola. Sono verità che si percepiscono nel silenzio e restano inespresse.
Il silenzio è come l'aprirsi di altre porte, di altri canali, per i quali arriva all'uomo un'altra voce. Chi tende a mete di vita più elevata dal punto di vista dello spirito, ha bisogno di silenzio, per ristoro e ripresa di energie, come ha bisogno di pane quotidiano e di riposo del corpo.
Nell'usura di ogni giorno, la mente si svuota, le energie si logorano e la vita si appesantisce di infinite scorie. Chi voglia realizzare una vita interiore profonda, sappia circondarsi di silenzio, di quiete, di pace, per frapporre tra se e le cose esteriori una fascia in cui le onde turbolente del fragore umano vadano ad infrangersi e a spegnersi, prima di giungere a lui.
L'uomo cerca il silenzio per un bisogno di vita più alta. La ricerca si impone per una spinta che viene dal proprio intimo e alla quale non si può disobbedire.

È naturale allora constatare come in questi ultimi anni i monasteri siano sempre più meta di ospiti, giovani soprattutto, alla ricerca di una dimensione di vita più autentica e più vera, attraverso il dialogo orante col Padre, con lunghi spazi di silenzio e nel confronto con la vita della comunità.
L'esperienza monastica aiuta l'ospite a ritrovare il senso della vita e a dare una risposta alla sua ricerca di significati: in quasi lutti gli ospiti si avverte il desiderio di sperimentare giornate in piena solitudine, per ascoltare in profondità la voce di Dio, per far sì che la sua Parola diventi ancora un annuncio di vita. Una volta gustato il valore del silenzio, si riesce a cogliere in esso momenti di verità e sincerità con se stessi, con Dio e con i fratelli.
In definitiva, lo spazio di silenzio e di deserto che il monastero offre all'uomo di oggi, alle prese con le sue disperazioni e i suoi non sensi della vita, aiuta l'ospite a riscoprire nella sua storia il giusto posto, la sua responsabilità corrispondente a quel piano di amore che Dio ha su ciascun uomo. Abitualmente sono molti i fratelli che frequentano i monasteri ritornando a ripetere la loro esperienza di silenzio; in questi spazi di «deserto» ritrovano la speranza che li spinge a superare momenti di stanchezza e di sfiducia; ritrovano in essi la forza dello Spirito che li ricolloca continuamente al loro giusto posto nel piano della salvezza.

Franco Mosconi – Eremo San Giorgio

Commenti

  1. bellissimo, ..........senza parole;
    Questa " ricerca si impone per una spinta che viene dal proprio intimo e alla quale non si può disobbedire".
    Questo silenzio da assaporare, da gustare.
    Pensiamo a ....una mattina di inverno, ci svegliamo e fuori è tutto bianco! Cavolo la neve e ora? un silenzio che, come prima sensazione , può farti paura, ti fa correre da una finestra all'altra a pensare come e cosa si può fare.
    Non fare niente, ascolta, assapora, gusta, fatti penetrare da questa gioia che viene dal silenzio.
    Non so se sono riuscita a spiegare quello che volevo dire.
    Non abito al polo nord e oggi fuori è un bella giornata primaverile, non ho preso caffè corretti, sono in ufficio nel caos e fuori c'è anche il mercato,ma mi va così.
    Però ho mal di denti, sarà quello? Probabilmente si, comunque
    buona giornata a tutti
    Maira

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