meditazione profonda

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  1. La via non comincia ad essere possibile che nel cuore della disperazione, là dove non vi è luce e dove sembra che l'essere si riduca al non-essere, o ancor più precisamente al non poter più essere. Si vede allora quel che prima, pur sapendolo intellettualmente, non costituiva il punto di partenza di un lavoro, ma "l'abitudine di quel che si era". Si scopre allora che vi è vero essere, un essere che non sia un lasciarsi essere, un essere passivo, negativo, abitudinario, soltanto nella differenza. E che quella differenza è il tertium non datur, qualcosa che non esiste che in potenza e che va, con estrema difficoltà, attualizzato, ma che proprio per questo è pienamente e veramente, e non ha neppure bisogno che lo si qualifichi positivamente o in una qualche maniera, talmente e semplicemente è.
    Dello stato o condizione dalla quale si parte - se il dolore e la disperazione sono sufficientemente intensi, ancorché la sofferenza sia una condizione necessaria ma non sufficiente - gli alchimisti parlavano come della nigredo, il "nero più nero del nero". Mentre la seconda fase dell'opus, "nascente" o sviluppantesi dalla nigredo, era l'albedo, cioè la luce che comincia ad apparire e che rappresenta una coscienza differente, rinnovata.
    Soltanto in fondo alla disperazione è il principio della vi(t)a, là dove uno, come dice il poeta, "e non muore e vorrebbe, e non vive e vorrebbe", e continua "mentre la terra gli chiede il suo verbo, e appassionata nel volere acerbo, paga col sangue, sola, la sua fede".
    Quel verbo sta nel "comprendersi", ma comprendersi significa realizzare i propri limiti come invalicabili o come non più a lungo sostenibili. È quasi un morire a sé per poter rinascere e questa rinascita è possibile grazie al fatto che ogni limite strutturale non è che il riflesso "negativo" - cioè passivo e in quanto tale limitante - di una corrispondente qualità latente da sviluppare.

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  2. Complimenti Airone Cenerino per il bellissimo commento, hai fatto proprio centro!!!
    Ma lo sai qual'è la cosa più brutta che quando sei nel "nero + nero del nero" spesso la luce "dell'albedo" che inizia a sorgere anche se ce l'hai davanti è talmente tenue che non riesci a vederla xchè sei così assorbito dalle ombre che tutto ti sembra sempre + nero e ti sfugge il semplice fatto che le ombre che comunque vedi non sono altro che l'altro lato della luce,non esistono ombre senza luce basta cambiare leggermente la prospettiva...
    E lo sai qual'è la cosa più difficile secondo me non è "comprendersi" ma accettarsi, con tutto quello che ne consegue, abbandonando quelle false certezze che avevamo riguardo a noi stessi.

    Grazie per le sagge e illuminanti parole che sono arrivate proprio con la delicatezza di un raggio di sole su di un petalo di un fiore.
    Buona serata
    Tamara ;-)

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  3. ciao ad airone cenerino e a tamtam 70.
    siete eccezionali per il vostro modo di scrivere, io sono molto più "terra-terra" e a volte per comprendere i termini che usate, devo documentarmi.
    Sicuramente lo sapete entrambi, ma volevo ricordarvi che dopo lo stato di nigredo e albedo, c'è il rubedo. Se non ho interpretato male, vorrebbe dire che dopo l'inverno viene sempre la primavera ( a proposito di raggio di sole su un petalo di fiore).
    Ciao a tutti (torno a lavorare)
    Maira

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  4. Grazie Tamara e Maira, e grazie a Massimo... ormai non mi esprimo più molto (vedo verso il silenzio?) ma in qualche occasione mi sento ispirato e lo faccio.

    Buona giornata a tutti,

    AC

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