fine estate



Paene insularum, Sirmio, insularumque
Ocelle, quascumque in liquentibus stagnis
Marique vasto fert uterque Neptunus,
Quam te libenter quamque laetus inviso,
Vix mi ipse Thyniam atque Bithynos
Liquisse campos et videre te in tuto.
O quid solutis est beatius curis,
Cum mens onus reponit, ac preregrino
Labore fessi venimus larem ad nostrum
Desideratoque acquiescimus lecto.
Hoc est, quod unumst pro laboribus tantis.
Salve, o venusta Sirmio, atque ero gaude:
Gaudete Vosque, o Lydiae lacus undae:
Ridete, quidquid est domi cachinnorum.

O Sirmione, gemma di tutte le penisole e isole,

Tutte quelle che nei limpidi laghi

E nel vasto mare sostiene l'uno e l'altro Nettuno,

Quanto volentieri e con quanta gioia torno a vederti,

A stento credendo di avere finalmente lasciato la Tinia e

I campi Bitini e di vedere te salvo.

Ah che cosa c'è di più dolce dell'essere libero da preoccupazioni,

Quando l'anima si libera del peso, e

Stanchi della fatica del viaggio giungiamo alla nostra casa

E riposiamo nel letto desiderato.

Questa è l'unica ricompensa, in cambio di tante fatiche.

Ti saluto, o bella Sirmione, e godi per il padrone:

Godete anche voi, od onde lidie del lago:

Ridete, o voi tutte risate, che siete nella mia casa.

Caio Valerio Catullo

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