i limoni (dono di Tamara)

        Ascoltami, i poeti laureati
      si muovono soltanto fra le piante
      dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
      Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi   
      fossi dove in pozzanghere
      mezzo seccate agguantano i ragazzi
      qualche sparuta anguilla:
      le viuzze che seguono i ciglioni,
     discendono tra i ciuffi delle canne 
     e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

      Meglio se le gazzarre degli uccelli
      si spengono inghiottite dall'azzurro:
      più chiaro si ascolta il susurro
      dei rami amici nell'aria che quasi non si muove, 
      e i sensi di quest'odore
      che non sa staccarsi da terra
      e piove in petto una dolcezza inquieta.
      Qui delle divertite passioni
      per miracolo tace la guerra, 
      qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
      ed è l'odore dei limoni.

      
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
      s'abbandonano e sembrano vicine
      a tradire il loro ultimo segreto,  
      talora ci si aspetta
      di scoprire uno sbaglio di Natura,
      il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
      il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
      nel mezzo di una verità. 
      Lo sguardo fruga d'intorno,
      la mente indaga accorda disunisce
      nel profumo che dilaga
      quando il giorno più languisce.
      Sono i silenzi in cui si vede 
      in ogni ombra umana che si allontana
      qualche disturbata Divinità.

      

      Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
      nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
      soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. 
      La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
      il tedio dell'inverno sulle case,
      la luce si fa avara - amara l'anima.
      Quando un giorno da un malchiuso portone
      tra gli alberi di una corte 
      ci si mostrano i gialli dei limoni;
      e il gelo del cuore si sfa,
      e in petto ci scrosciano
      le loro canzoni
      le trombe d'oro della solarità. 


      Eugenio Montale [da Ossi di seppia, 1925]

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