Distacco, rottura, rinuncia. Asperità e monotonia delle settimane, dei mesi, degli anni immutati. L’implacabile appello di Dio non ha lasciato che il gusto dell’essenziale e l’essenziale sfugge. Il quotidiano è popolato di fastidi, di pericoli. Se ci sono delle gioie, un’urgenza segreta ci ricorda che devono essere attraversate. La notte dei sensi, dell’intelligenza, dello spirito potrebbe ben chiamarsi deserto, secondo un’immagine ruysbroeckiana. Si accusa tutto con intensità: tentazioni e repulsioni, paure e sensazioni di vuoto e d’assenza. Non c’è che esodo e niente estasi, e il Solo è percepito nella solitudine con Lui. La carovana umana è sentita allora solo come schiavitù. Tuttavia l’esodo ha senso solo per la terra promessa, e questa assenza è il rovescio e l’annuncio della Presenza. La fedeltà alla marcia monotona in un deserto bruciato è l’atto di fede che Dio domanda: fede nuda che include la speranza senza che essa lo sappia e s’identifica con l’amore perfetto nella