io canto
Resta l'amore che ci solleva da tutto, senza salvarci da nulla. La solitudine in noi è come una lama, conficcata profondamente nella carne. Non possiamo estrarla senza ucciderci all'istante. L'amore non revoca la solitudine. La porta a compimento. Le apre tutto lo spazio per bruciare. L'amore è niente di più che questo bruciare, come bruciare al calor bianco. Una schiarita nel sangue. Una luce nel respiro. Niente di più. E tuttavia mi sembra che una vita intera sarebbe leggera, affacciata su questo nulla. Leggera, limpida: l'amore non oscura ciò che ama. Non l'oscura perché non cerca di prenderlo. Lo tocca senza prenderlo. Lo lascia andare e venire. Lo guarda allontanarsi con un passo così felpato che non lo si sente spegnersi: elogio del poco, lode del debole. L'amore viene, l'amore va. A suo tempo, mai al nostro. Chiede, per venire, tutto il cielo, tutta la terra, tutto il linguaggio. Non potrebbe resistere nella costrizione di un senso. Nemmeno saprebbe accontentarsi di una felicità. L'amore è libertà. L'amore non va a braccetto con la felicità. Si accompagna alla gioia. La gioia è come una scala di luce nel nostro cuore. Porta ben più in alto di noi, ben più in alto di sé: là dove non c'è più niente da afferrare, se non l'inafferrabile. Certo, non rispondo più veramente: io canto. Ma si può chiedere all'uccello la ragione del suo canto?
Christian Bobin
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