riposare nel nido



Noi siamo tanto bravi nel  “fare”; ma quest’efficienza e questa corsa ci stanno portando a una nevrosi collettiva. Dobbiamo allora accettare di fare meno cose per vivere più vita: “più” in senso qualitativo, nel senso di quella “qualità della vita” di cui tanto si parla. Io accetto questo “meno” che è un “più” e non voglio rimpiangere il non fatto, ma accontentarmi del vissuto che è  già tanto denso, profondo e spesso. Perché è vero che abbiamo tanto da fare ma è vero che dobbiamo, prima di tutto, vivere. Dare la precedenza alla vita. Non importa quello che faccio: importa come vivo: importa, attraverso il lavoro che mi trovo al momento tra le mani, vivere la vita, in tutta la sua densità. Allora si toccano quei momenti di pienezza, in cui pensare  al “dopo”, al lavoro non fatto, a quello che resta da fare, non ha senso. Si avverte di avere fatto tutto perchè si tocca una dimensione di assoluto. E’ il senso felice dell’arrivo che non si oppone al senso del cammino perché ogni arrivo è una tappa di un’ulteriore progressione, ma anche ogni tappa è un arrivo nel già raggiunto infinito. Allora il protendersi non è più insofferenza – fuga da – ma speranza: corsa verso. E l’indugiare non è un perditempo, una pigrizia, una pantofola calda: è il riposare nel nido di Dio.
                 
Adriana Zarri
 

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