la preghiera del silenzio
Quando diciamo che stiamo dinanzi a
Dio, pensiamo sempre che siamo qui, e che Dio è là, esterno a noi. Se cerchiamo
Dio in alto, davanti o attorno a noi, non lo troveremo. San Giovanni Crisostomo
diceva: “Trovate la porta della camera segreta del vostro cuore, e scoprirete
che è la porta del Regno dei cieli”. Sant’Efrem il Siro dice che Dio, quando
creò l’uomo, mise nel più profondo di lui tutto il Regno, e che il problema
della vita umana è di scavare abbastanza in profondità per giungere fino al
tesoro nascosto. È per questo che, per trovare Dio, dobbiamo scavare, alla
ricerca di questa camera segreta, di questo luogo dove si trova il Regno di Dio
al cuore stesso del nostro essere, dove Dio e noi possiamo
incontrarci.
Il migliore strumento, quello che
supererà tutti gli ostacoli, è la preghiera. Il problema è di pregare con
attenzione, semplicemente e nella verità, senza sostituire il vero Dio con un
falso dio qualunque, con un idolo, con un prodotto della nostra immaginazione, e
senza cercare di vivere un’esperienza mistica. Concentrandoci su ciò che
diciamo, certi che ogni parola che pronunciamo raggiunge Dio, possiamo
utilizzare le nostre parole, o le parole di quelli che sono più grandi di noi
per esprimere meglio, di quanto lo potremmo noi, ciò che proviamo o sentiamo
oscuramente in noi. Non è con la molteplicità delle parole che saremo ascoltati
da Dio, ma con la loro veridicità. Quando usiamo le nostre parole, dobbiamo
parlare a Dio con precisione, senza cercare di farla lunga o farla corta, ma
parlare con verità.
Ci sono momenti in cui le preghiere
sono spontanee e facili, altre dove ci sembra che la fonte si sia esaurita. È
allora che è necessario utilizzare le preghiere di altri che esprimono
fondamentalmente ciò che crediamo, tutte queste realtà che in questo momento non
sono vivificate da una reazione profonda del nostro cuore. Dobbiamo allora
pregare con un doppio atto di fede, non soltanto in Dio ma anche in noi stessi,
fiduciosi in questa fede che si è offuscata ma che fa tuttavia parte integrante
del nostro essere.
Ci sono momenti in cui non abbiamo
alcun bisogno di parole, né delle nostre né di altri, e preghiamo allora in
silenzio. Questo silenzio perfetto è la preghiera ideale, purché tuttavia il
silenzio sia reale e non un sogno ad occhi aperti. Abbiamo molta poca esperienza
di ciò che significa il silenzio profondo del corpo e del cuore, quando una
serenità assoluta riempie il cuore, quando una pace totale riempie il corpo,
quando non c’è nessuna agitazione di nessun tipo e ci troviamo dinanzi a Dio,
completamente aperti in un atto d’adorazione. Ci possono essere momenti in cui
ci sentiamo bene fisicamente, e mentalmente rilassati, stanchi delle parole
perché ne abbiamo già troppo utilizzato; non vogliamo agitarci e ci sentiamo
bene in quest’equilibrio delicato; ci troviamo là sul bordo del sogno ad occhi
aperti. Il silenzio interiore è un’assenza di qualsiasi tipo di agitazione del
pensiero o delle emozioni, ma è una vigilanza totale, una apertura a Dio.
Dobbiamo conservare il silenzio assoluto quando lo possiamo, ma non dobbiamo mai
lasciarlo degenerare in un semplice piacere. Per evitare ciò, i grandi autori
dell’Ortodossia ci avvertono di non abbandonare mai completamente le forme
normali della preghiera, poiché anche coloro che avevano raggiunto questo
silenzio della contemplazione giudicavano necessario, ogni volta che erano in
pericolo di rilassamento spirituale, reintrodurre le parole della preghiera fino
a che la preghiera avesse rinnovato il silenzio.
I Padri Greci mettevano questo
silenzio, che chiamavano hesychia, allo stesso tempo come punto di
partenza e punto d’arrivo di una vita di preghiera. Il silenzio è lo stato nel
quale tutte le facoltà dell’anima e del corpo sono completamente in pace, calme
e raccolte, concentrate e perfettamente vigilanti, libere da qualsiasi
agitazione. I Padri utilizzano spesso nei loro scritti l’immagine dello stagno:
finché ci sono delle crespe sulla superficie, nulla può essere correttamente
riflesso, né gli alberi né il cielo; quando la superficie è completamente calma,
il cielo si riflette perfettamente, come gli alberi della riva, e tutto è
distinto come nella realtà.
Un’altra immagine dello stesso tipo utilizzata dai Padri è quella del
fango che, finché non si posa sul fondo dello stagno, lontano da qualsiasi
agitazione, intorbida la trasparenza dell’acqua. Queste due analogie si
applicano allo stato del cuore umano. “Beati i puri di cuore perché vedranno
Dio” (Matteo 5, 8). Fino a quando il fango è agitato nell’acqua, non è possibile
una visione chiara, e fino a quando ci sono crespe sulla superficie, gli oggetti
che circondano lo stagno non possono riflettersi senza
deformazioni.
Fino a quando l’anima non è in riposo,
non ci può essere visione, ma quando la pace ci ha permesso di trovarci in
presenza di Dio, allora un altro tipo di silenzio, molto più assoluto,
interviene: il silenzio di un’anima che non è soltanto calma e raccolta, ma alla
quale la presenza di Dio impone rispetto e adorazione; un silenzio nel quale,
secondo le parole di Giuliana di Norwich, “la preghiera unisce l’anima a
Dio”.
Quando diciamo che stiamo dinanzi a
Dio, pensiamo sempre che siamo qui, e che Dio è là, esterno a noi. Se cerchiamo
Dio in alto, davanti o attorno a noi, non lo troveremo. San Giovanni Crisostomo
diceva: “Trovate la porta della camera segreta del vostro cuore, e scoprirete
che è la porta del Regno dei cieli”. Sant’Efrem il Siro dice che Dio, quando
creò l’uomo, mise nel più profondo di lui tutto il Regno, e che il problema
della vita umana è di scavare abbastanza in profondità per giungere fino al
tesoro nascosto. È per questo che, per trovare Dio, dobbiamo scavare, alla
ricerca di questa camera segreta, di questo luogo dove si trova il Regno di Dio
al cuore stesso del nostro essere, dove Dio e noi possiamo
incontrarci.
Quando diciamo che stiamo dinanzi a
Dio, pensiamo sempre che siamo qui, e che Dio è là, esterno a noi. Se cerchiamo
Dio in alto, davanti o attorno a noi, non lo troveremo. San Giovanni Crisostomo
diceva: “Trovate la porta della camera segreta del vostro cuore, e scoprirete
che è la porta del Regno dei cieli”. Sant’Efrem il Siro dice che Dio, quando
creò l’uomo, mise nel più profondo di lui tutto il Regno, e che il problema
della vita umana è di scavare abbastanza in profondità per giungere fino al
tesoro nascosto. È per questo che, per trovare Dio, dobbiamo scavare, alla
ricerca di questa camera segreta, di questo luogo dove si trova il Regno di Dio
al cuore stesso del nostro essere, dove Dio e noi possiamo
incontrarci.
Anthony Bloom
http://youtu.be/1GuZgdIKAvc
RispondiElimina