fango


I Padri Greci mettevano questo silenzio, che chiamavano hesychia, allo stesso tempo come punto di partenza e punto d’arrivo di una vita di preghiera. Il silenzio è lo stato nel quale tutte le facoltà dell’anima e del corpo sono completamente in pace, calme e raccolte, concentrate e perfettamente vigilanti, libere da qualsiasi agitazione. I Padri utilizzano spesso nei loro scritti l’immagine dello stagno: finché ci sono delle crespe sulla superficie, nulla può essere correttamente riflesso, né gli alberi né il cielo; quando la superficie è completamente calma, il cielo si riflette perfettamente, come gli alberi della riva, e tutto è distinto come nella realtà.
Un’altra immagine dello stesso tipo utilizzata dai Padri è quella del fango che, finché non si posa sul fondo dello stagno, lontano da qualsiasi agitazione, intorbida la trasparenza dell’acqua. Queste due analogie si applicano allo stato del cuore umano. “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Matteo 5, 8). Fino a quando il fango è agitato nell’acqua, non è possibile una visione chiara, e fino a quando ci sono crespe sulla superficie, gli oggetti che circondano lo stagno non possono riflettersi senza deformazioni.
Fino a quando l’anima non è in riposo, non ci può essere visione, ma quando la pace ci ha permesso di trovarci in presenza di Dio, allora un altro tipo di silenzio, molto più assoluto, interviene: il silenzio di un’anima che non è soltanto calma e raccolta, ma alla quale la presenza di Dio impone rispetto e adorazione; un silenzio nel quale, secondo le parole di Giuliana di Norwich, “la preghiera unisce l’anima a Dio”.
Anthony Bloom

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